Quelli che ti passano davanti in coda perché “loro possono”,
quelli che ti soffiano il lavoro perché “loro conoscono”
Sono i raccomandati, con la “R” maiuscola. Quelli che non sopportiamo ma che alla fine vorremmo essere.
Ma è del raccomandato che c’è in noi su cui mi voglio soffermare. E ce n’è un po’ in tutti, ne son sicura.
Nasce quando inizi a renderti conto che quel che ti capita è legato ai giusti appigli che hai saputo sfruttare, ma non si tratta di rubare il posto nella fila a nessuno. Non si tratta di ottenere un qualcosa facendo torto ad altri. È ciò che non ti meriti ma che ti arriva come un “di più”. E tante volte è un “di più” davvero abbondante.
È vivere una cosa, guardarti indietro e dire “ma pensa un po’, chi se lo sarebbe mai aspettato? Se l’avessi programmato non sarebbe stato così bello”.
Non credo che il merito di queste cose vada alle situazioni, alle coincidenze.
Va alle persone.
Quelle che ti conoscono e ti fanno la proposta, quelle che la vivono con te.
Quelle che, più adulte, apprezzano come te certe cose e chi, più piccino, nemmeno capisce a fondo la fortuna di vivere questa realtà.
Sono più fumosa del solito, nel dire che davvero guardo a questa estate con occhi più consapevoli di tante esperienze inaspettate che ho vissuto, di tanti incontri che mi hanno fatto avvicinare a chi così vicino non l’ho sentito mai.
Il rientro in un autunno caldo (cap. 2, pag. 41. Ah! ah!) è già avvenuto, con tutte le conseguenze del caso, ma senza dimenticare quest’estate da raccomandata.
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